La Città del Futuro è già qui. Puoi distinguere alcuni tratti del suo volto alzando lo sguardo verso i 16 piani rivestiti di bianco dell’Ospedale Galeazzi o i 37 metri di legno e acciaio dell’Albero della Vita, simbolo dell’eredità raccolta da Expo 2015. Puoi toccare le pareti che custodiscono i primi laboratori dello Human Technopole, i muri a ragnatela in cemento biodinamico del Padiglione Italia o i moduli sistemati alla sua base, in attesa degli edifici che verranno. Puoi persino camminarci dentro e misurare a passi larghi le distanze: il chilometro e mezzo del Decumano, lo stradone che la attraversa in orizzontale e che diventerà più simile a un parco che a un viale («il più lungo parco lineare d’Italia»); i 325 metri del Cardo, l’altro viale che lo incrocia, appena intitolato al Premio Nobel Rita Levi Montalcini; il ponte che collega con la Metropolitana e la città… Soprattutto, puoi già immaginare che cosa sarà questo posto quando non ci saranno più le gru e i camion, e il viavai continuo di operai lascerà spazio alle 70mila persone che verranno qui per sperimentare nuovi modi di lavorare e fare ricerca, studiare e stare insieme, abitare e muoversi. Per vivere.
Il Milan Innovation District. Qualcuno lo chiama «la Milano di domani», pensando al filo rosso che lega questa zona alla capitale del Made in Italy: il Duomo è lontano appena 12 chilometri, quando tutto sarà completato il Distretto sarà di fatto un nuovo quartiere della metropoli. Ma per Arexpo, la realtà istituzionale che l’ha pensato, progettato e lo sta facendo crescere, Mind è anche altro. È una Città del Futuro, «tecnologicamente sensibile, inclusiva, sostenibile, attraente, dinamica, produttiva, partecipata, digitale». Ed è un futuro che, appunto, è già presente, si può iniziare a vedere e toccare.
La tabella di marcia stabilita nel 2016, quando il progetto è stato approvato, sta andando avanti con una puntualità assoluta, nonostante il Covid. Tempi e standard sono rispettati: entro il 2021 doveva esserci il nuovo ospedale, ed eccolo lì, ben visibile pure dalla Tangenziale. Lo stesso per gli altri scavi, lavori, fondamenta, e per lo smantellamento degli ultimi padiglioni di Expo. Sul milione di metri quadri che sei anni fa hanno ospitato l’esposizione globale, sta nascendo quello che negli uffici milanesi di Arexpo chiamano «un progetto organico, capace di combinare tutte le dimensioni del vivere sociale, di svilupparsi in modo innovativo e sostenibile, di esprimere un’identità».
E quella di Mind è un’identità chiara, ben definita. Data anzitutto, appunto, dal legame con Milano, che è fortissimo non solo per la vicinanza fisica. «Noi siamo Milano, il rapporto è consustanziale», dice Alberto Mina, Direttore delle Relazioni Istituzionali e Internazionali di Arexpo: «Siamo l’esito di uno degli eventi più importanti che si sono tenuti qui. Abbiamo voluto mettere Milano nel nostro brand, perché è un nome conosciuto in tutto il mondo. Ma noi ne siamo espressione in tutto: nell’operatività, nella qualità, nel dinamismo, nell’international reputation e nel networking che stiamo costruendo». Internazionalità e radici forti, quindi. Ma interpretate «in modo innovativo, promuovendo progetti che combinano qualità e integrazione sociale, partecipazione del territorio e legame tra le istituzioni», aggiunge Mina. Il risultato è qualcosa di unico, molto legato alla storia ma allo stesso tempo totalmente nuovo. «Mind sarà la settantesima città d’Italia», osserva Andrea Ruckstuhl, ceo di Lendlease Italia, facendo il conto dei futuri abitanti: «E la particolarità è che le stesse aziende, in qualche modo, sono considerate fondatrici».
Ma c’è un altro fattore che, paradossalmente, rende il nuovo quartiere qualcosa di inedito: la pandemia. «Siamo la prima esperienza di città post Covid», nota Igor De Biasio, Ceo di Arexpo: immaginata prima del 2020, ma capace di ripensarsi in corso d’opera facendo i conti con l’imprevisto. «Le opportunità non capitano, ma si creano. Il Coronavirus non ha fermato Mind, anzi: per noi è stata l'occasione per accelerare i tempi e riflettere già oggi su cosa comporterà il dopo». L’evento che ha bloccato per due anni il mondo intero qui non solo non ha ritardato i lavori (i cantieri si sono fermati solo per due settimane, i tempi di consegna non sono slittati), ma «è stato persino l’acceleratore di certe dinamiche», aggiunge De Biasio: «In fondo i due macroargomenti cui è dedicata l’area sono le scienze della vita e la tecnologia al servizio delle città del futuro. Sono due temi che il Covid ha portato all’attenzione di tutti».
Tra i primi frutti di questa accelerazione c’è DesignTech, il documento nato da una task force creata da Hi Interiors all’interno del Design Tech Hub. Una rete di studi di architettura, aziende ed esperti hanno prodotto un white paper in 14 punti che spazia dall’immobiliare all’ambito educativo, dagli uffici ai ristoranti, alla gestione dei flussi di persone. Un documento programmatico per la ripartenza, che servirà a declinare in maniera ancora più specifica i criteri di fondo che guidano il progetto dall’inizio. Primo fra tutti, la sostenibilità.
Arexpo opera avendo ben presenti i 17 SdGs, i Sustainable Development Goals previsti dall’Agenda 2030 dell’Onu. Per chi l’ha pensato, l’impatto zero è stato un obbligo da subito: «Come gruppo ci siamo uniformati totalmente ai principi degli accordi di Parigi sulla riduzione di Co2», dice Stefano Minini, Project director di Lendlease. Nei fatti, ha voluto dire «creare partnership solo con aziende, fornitori e altri soggetti in linea con questa filosofia, ovvero net zero carbon entro il 2025». E indirizzare tutto il progetto verso un target ambizioso: «Entro il 2040 dovremo arrivare ad essere absolute carbon zero». Come? «Cercando strade nuove, usando fonti energetiche alternative e sistemi innovativi per ridurre i consumi. Ma anche facendo leva sull’ecosistema di Mind». Che è di per sé un luogo nato per sperimentare soluzioni, materiali, idee.
Gli esempi di queste “strade nuove” non mancano. Uno è il nuovo Galeazzi. Gli ultimi due piani saranno dedicati agli impianti che servono a fare funzionare la struttura, come il sistema termico e le centrali di trattamento dell’aria, ma si baseranno in gran parte sul fotovoltaico e sul solare. I materiali scelti per la costruzione sono eco-compatibili, autopulenti e capaci di assorbire lo smog. Mentre i rivestimenti sono studiati per gestire al meglio la termoregolazione.
Energia green e materiali d’avanguardia, quindi. Ed economia circolare, sempre e dovunque. Altro tratto di un futuro che per i canoni di Arexpo è già presente: i 30mila metri cubi di macerie di palazzi e strutture della vecchia Expo vengono triturati e riciclati per oltre il 90%, per essere usati in fase di costruzione. Anche gran parte del legno viene da riciclo. E tutti i singoli edifici sono studiati in maniera da evitare qualsiasi spreco: energia, acqua, luce. Così come la digitalizzazione, massiccia, sarà un elemento decisivo non solo per migliorare la qualità della vita, ma anche per ridurre il più possibile l’uso di risorse non necessarie.
Altro aspetto: la mobilità. In tutto Mind la viabilità tradizionale sarà sostanzialmente ridotta a zero. Ci si sposterà su mezzi elettrici e piste ciclabili. E il Mind Village, la zona che oltre alle aziende ospiterà anche gran parte delle strutture abitative (sta nascendo nel West Gate, 200mila metri quadrati nella parte più vicina alla metropolitana), è previsto come una grande area di sperimentazione delle tecnologie driverless: un test permanente della mobilità del futuro, con auto e bus a guida autonoma.
Non sono solo soluzioni tecnologiche efficaci: è una scelta culturale. «Arexpo realizza la città del futuro pensando anche alla polis, alla comunità che la abita», dice Mina: «C’è una dimensione più ampia in queste decisioni: sono strumenti per una cittadinanza consapevole, protagonista e non vittima della tecnologizzazione della vita sociale». Avanguardia tecnologica e abitabilità, lavoro e vita, integrati. Un marchio di fabbrica che, anche qui, riprende una tema classico del Made in Italy.
È il motivo per cui, ad esempio, un edificio come il Palazzo della Ricerca – il “campus verticale” di 10 piani e 60 metri di altezza che entro il 2026 completerà lo Human Technopole (investimento previsto: 94,5 milioni) – avrà grandi spazi comuni alla base, ma anche terrazze alberate sul tetto e 3mila metri quadrati di verde complessivo. «È un progetto emblematico, simbolo di un’Italia che vuole guardare al futuro», dicono allo Studio Piuarch, che lo ha disegnato. Un luogo da vivere, non solo per lavorarci.
Ma c’è un ultimo aspetto della visione di Arexpo che rende Mind una “Città del futuro” già visibile nel presente: l’inclusività, totale. L’idea complessiva è fatta anche dai cittadini, prevede il loro apporto diretto. Di fatto, sono un altro soggetto coinvolto, assieme a pubblico e privato Alla Cascina Triulza si sono già organizzati incontri con le scuole e le università, workshop, hackaton, concorsi dedicati ai giovani e call for ideas più strutturate, aperte ai suggerimenti e alle richieste della società civile. Persino durante il lockdown «hanno coinvolto oltre 3mila studenti e 50 organizzazioni», dice Chiara Pennasi, direttore della Fondazione Triulza. Una vera Officina dell’impatto sociale che punta a prendere il meglio dalle idee di chi già vive Milano, e a svilupparlo per far nascere un’altra Milano. Quella del futuro.